Durante gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, periodo cruciale della storia del sindacato italiano, la Camera del lavoro rinsaldò quel ruolo di avanguardia fino a oggi scarsamente riconosciuto dalla storiografia e che essa in realtà deteneva a partire dalla sua nascita. Dopo una prima fase di partecipazione critica alla programmazione economica promossa dalla giunta di centrosinistra, la Camera del lavoro, negli anni della contestazione giovanile e dell’autunno caldo, assunse la rappresentanza dei nuovi soggetti collettivi sorti spontaneamente all’interno delle fabbriche e seppe recuperare, grazie all’adozione di un nuovo modello di relazioni industriali, la guida del movimento dei lavoratori, fino a supplire i partiti politici in crisi di credibilità.
Nel volume si ricostruisce il processo avviato negli anni Settanta che vedeva, da un lato, la mobilitazione dei lavoratori e dall’altro, il confronto programmatico con le forze politiche e i rappresentanti del fronte industriale. Il duro attacco portato dall’eversione di destra e dalle Brigate rosse alle istituzioni democratiche, già gravemente compromesse dagli scandali nel mondo politico e indebolite dalla crisi economica, spinse la Camera del lavoro a imboccare la strada dell’assunzione di responsabilità e del contenimento della conflittualità sociale.
Nel periodo preso in esame l’organismo camerale dovette confrontarsi anche con le importanti trasformazioni sociali ed economiche verificatesi nel capoluogo milanese, tra cui il prevalere del terziario, la crisi di gruppi industriali storici e il mutamento della composizione della forza lavoro nelle fabbriche.
Claudia Magnanini, dottore di ricerca in Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, si occupa di storia del sindacato, con particolare attenzione alle vicende milanesi. Sul tema ha pubblicato Studiare il lavoro. L’Ufficio economico della Camera del lavoro di Milano, 1948-1966 (2001).